“Ha bisogno di aiuto?” mi domanda un signore un po’ calvo mentre mi viene incontro.
“Stavo solo curiosando. Il suo negozio è pieno di cose interessanti” gli rispondo.
“E’ frutto di anni di lavoro e di faticose ricerche” mi dice porgendomi un libro che non avevo mai visto prima. Lo sfoglio e rimango affascinata dal contenuto.
“Lei si interessa di ebraismo?” mi domanda.
“Diciamo che è una delle cose per cui vivo” gli rispondo.
“Da dove viene?”
“Dall’Italia”
“Come sono messi gli ebrei lì?”
“Materialmente o spiritualmente?”
“L’ebreo non si distingue da ciò che possiede. Ma da ciò che è.” Annuisco.
“Qui negli Stati Uniti non siamo messi molto bene. La maggior parte degli ebrei non sa nemmeno leggere in ebraico, non sa cosa significhi essere ebrei, pensa che il modo di vita ebraico non sia altro che un insieme di ‘tradizioni arcaiche dal retaggio antico’…” Lo vedo dispiaciuto. “Vada quattro blocks più in giù, verso la 34esima, verso le tre del pomeriggio. Poi ci torni alle sei. Vedrà uno spettacolo incredibile. Migliaia di musulmani si fermano lì, in mezzo alla strada, bloccano il traffico e pregano. Lo fanno per cinque volte al giorno. E sa da dove lo hanno preso questo? Da noi. Dal nostro giorno più santo. Hanno preso le cinque preghiere dello Yom Kippur e le hanno trasferite nella loro vita quotidiana.”
“Non sapevo” gli dico.
“Questa è la loro arma più forte. L’attaccamento alle tradizioni. La capacità di fermarsi per cinque volte al giorno e pensare a D-o. Noi ebrei ci illudiamo. Pensiamo di vincere attraverso strategie militari e armi sofisticate. Ma, alla fine dei conti, la guerra si combatte lì, “ dice indicando verso l’alto, “nelle sfere spirituali. E quando D-o sente così tante preghiere ogni giorno, perché non dovrebbe ascoltarle?” Lo saluto e mi incammino verso l’uscita.
“Signora!” lo sento urlare da dietro alla cassa. “D-o ci ha liberato dalle mani del Faraone con un solo scopo. Quello di portarci ai piedi del monte Sinai e lì legarci alla Sua Torà. Se solo ce lo ricordassimo con orgoglio ogni giorno, la nostra esistenza non sarebbe mai in pericolo.”
Il libraio di Manhattan chiude la porta del suo negozio dietro di sé e accenna un saluto. Cammino con il cuore riscaldato anche se intorno a me ci sono fiocchi di neve e una temperatura polare. Due ebrei, tre opinioni, dice un proverbio yiddish. Ma per oggi due ebrei che non si erano mai incontrati prima condividono una sola certezza. L’unica garanzia di sopravvivenza del nostro popolo sta nel non smettere mai di seguire ciò che D-o ci ha richiesto, ai piedi del monte Sinai, di fare
Gheula Canarutto Nemni
DUE EBREI E UNA SOLA CERTEZZA e un bellissimo racconto…in poche righe tanto significato.. complimenti da un correligionario