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Expo, nutrire il pianeta, energia per la vita. Ma forse qualcosa rimane anche all’anima

By Maggio 13, 2015No Comments

Si conta. Uno, due, tre, quattro, cinque…quando si arriva al decimo animale, quello è per D-o. Si conta uno, due, tre, quattro…quando si arriva al settimo anno, quello è per D-o. Si conta uno, due, tre, quattro, cinque…quando si arriva al cinquantesimo anno si suona un corno d’ariete,  lo shofar, in tutta la terra. Quello è un altro anno per D-o. Si conta uno, due, tre, quattro, cinque, sei, quando si arriva al settimo giorno, quello è lo shabat per D-o. Il settimo anno è l’anno sabbatico, di shmità, in cui la terra deve riposare. Non si può seminare, arare, raccogliere, ciò che cresce nei campi appartiene a tutti. Dopo un ciclo di sette shmitot, arriva anche il cinquantesimo anno, lo yovel, il giubileo. La proibizione di prendersi cura della terra si prolunga per un altro anno. Il settimo giorno è lo shabat, il giorno del riposo, dell’astensione da tutte le attività lavorative. Giorno sul quale D-o dice, ‘tu lavorerai per sei giorni, nel settimo il lavoro si farà da solo’. Questo mondo è stato costruito con regole precise.Bisogna lavorare, per poter guadagnare.Ci si deve dare da fare, se si  vuole avanzare. Certo, ci sono rare eccezioni in cui uno eredita fortune senza alzarsi dal proprio posto. Ma non è con questa regola che è stato creato il mondo. D-o vuole vederci correre, alzarci al mattino e misurare ogni micro secondo. D-o vuole percepire la nostra fatica, questo affanno per raggiungere ciò che desideriamo. Non siamo autorizzati a starcene seduti a braccia conserte e dire ’se D-o vorrà, provvederà’. Poi però Lui stesso vuole che ogni tanto questa corsa la interrompiamo. Che contiamo uno, due, tre, quattro… nove, questi sono per me. Dieci, la decima parte, D-o, questa è per Te. Che contiamo sei giorni in cui lavoriamo come dei matti, per poi fermarci tutto d’un tratto, al tramonto, mettendo in pausa la materialità e la sua rincorsa per poi riaccenderla solo dopo venticinque ore di riposo assoluto. Che si contino sei anni sudando nei campi e poi si dichiari. Basta. Ora tutto, per un anno intero rimarrà immutato. Questa è la sfida in cui D-o immerge l’uomo, una sfida per la quale si rischia di  perdersi per le vie del mondo. Vaghiamo alla ricerca spasmodica di ciò che desideriamo, del sostentamento di cui necessitiamo. Ma in questi pellegrinaggi economici rischiamo di perderci, di non ricordare più quale sia la vera fonte di ciò che accumuliamo. Così D-o dice alt, fermatevi, ogni sei giorni, ogni sei anni, quarantanove, ogni nove pecore che ci sono nel gregge. E ricordatevi che tutto, ma proprio tutto, appartiene a Lui ed è solo Lui che decide come retribuire questa nostra corsa.

Gheula Canarutto Nemni

 

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