‘Come mai voi ebrei siete sempre così intelligenti?’ mi domanda una signora qualche giorno fa. ‘E’ legittima difesa’, le rispondo. ‘I nostri bambini a 5 anni devono imparare a leggere da destra a sinistra ma anche da sinistra a destra. Davanti a loro si spalancano le porte dell’intelligenza o della schizofrenia…’. Siamo destinati, come nazione, fin dalla nascita, a muoverci su due piani contemporaneamente. A guardare la terra, cercandoci il cielo, a rispettare il minimo dettaglio attribuendogli un’enorme importanza, ad osservare le lancette dell’orologio pensando alla dimensione interiore che stanno segnando. I più grandi mistici della nostra storia sono stati anche i più grandi legislatori di halachà. Ragionavano sull’infinito mentre discutevano sulla proibizione o meno di trascinare, durante lo shabat, un oggetto che lasciasse solchi sul suolo. Si lanciavano in disquisizioni politiche sui dominatori mentre si preparavano a santificare il nome di D-o, rinunciando alla propria vita. Pensavano al concetto di unità del popolo, di comunità, pur sapendo di dovere preservare il senso di responsabilità e il cammino di perfezionamento di ogni singolo individuo. Un dualismo eterno di anime consapevoli di avere una missione individuale sulle proprie spalle, anime che ogni giorno dichiarano ‘per me è stato creato il mondo’, ma che nel contempo si sentono parte indissolubile di un uno più grande, tasselli di anime che solo insieme contano.
Rabi Shimon bar Iochay ci ha insegnato tutto questo. Un rivoluzionario anti romano capace di scorgere la scintilla divina in un pezzo di legno. Un mistico, legislatore, che aprì gli occhi del popolo ebraico al di la di ciò che vedevano.
Un uomo che enfatizzò l’importanza di non dimenticarsi degli altri, lungo il percorso di raffinamento di se stessi e legò per sempre il destino di ogni anima con quelle che le vivono accanto. ‘il nostro popolo’, ha detto, ‘si può paragonare a due persone che si trovano sulla stessa barca. Uno di loro inizia a bucare sotto al proprio posto. L’altro gli domanda: ma cosa stai facendo? E il primo, continuando a formare il buco, risponde. Cosa te ne importa? Io sto bucando solo sotto al mio posto’.
Il dualismo perfetto esiste ed è D-o che lo tiene in equilibrio.
Gheula Canarutto Nemni
Complimenti per ciò che scrive, apprezzo tanto.
Ciao Gheula, ci siamo incontrati a Milano, per il compleanno di Barbara.
Su questo articolo mi viene da pensare ai piccoli giapponesi, che devono imparare ideogrammi e suoni vocali, integrando le due vie di apprendimento e, a quanto pare, questo incide positivamente sulla loro intelligenza.
Avrei alcune altre cose di cui parlare se mi contatti in privato via mail.
A presto.
Silvio Riva
Grazie infinite
La seguo con gran piacere.