Era il 9 di Av. Non importa di che anno. Tutto assume una dimensione relativa quando in ballo c’è l’Assoluto. Napoleone Bonaparte passeggiava per la strada quando sentì piangere dall’interno di un edificio.
“Cosa succede lì dentro?” domandò.
“E’ una sinagoga ebraica” gli risposero.
“Perché piangono?” domandò.
“Per la distruzione del loro Santuario” gli risposero.
“Quando è successo?” domandò.
“Quasi 1800 anni fa” gli risposero.
“Piangono ancora dopo 1800 anni? Se ancora piangono dopo tutti questi anni, sicuramente ritorneranno alla loro terra e vedranno ricostruito il loro Santuario” disse Napoleone.
E così Napoleone Bonaparte, in un giorno di Tishà Beav, sentenziò l’eternità del popolo ebraico. Condensandolo in un unico motto. Se ancora. Se ancora piangono per il Tempio. Se ancora ridono a Purim. Se ancora mangiano come i loro avi. Se ancora mettono i tefilin. Se ancora si fermano per lo shabat. Finchè ci sarà quell’ancora, saremo legati a quell’ancòra che da più di tremila anni ci fa affondare le radici nella storia del mondo. Finchè ci sarà quell’ancora, noi saremo qui. A dispetto dei venti di guerra e dei gridi di pace. Ma, solo a una condizione. Se ancora.