Il punto di vista di D-o sulla serie Netflix Unorthodox
Vi siete mai chiesti perché D-o o la natura, chiamatelo come volete, abbia sentito la necessità di dare vita a un essere umano femminile?
Perché i corpi e i cervelli dell’uomo e della donna sono così diversi, perché il mio sistema endocrino produce più estrogeni mentre quello di mio marito più testosterone?
Perché la donna prova più empatia ed è orientata ai piccoli particolari mentre l’uomo in genere si proietta su grandi progetti e a volte perde di vista i dettagli di vita?
Quando D-o ha creato il mondo ha ritenuto necessario inserirvi due tipi di energie, una maschile e una femminile.
Dopo avere provato ad immaginare il mondo con un solo tipo di energia, quella maschile, gli si proiettò davanti una immagine che non gli piacque. Il suo creato sarebbe diventato banale, popolato da persone con la stessa identica visione, attraversato da un ragionamento univoco e impregnato da una smania di conquistare e preponderare. Non ci sarebbe stato un contraddittorio.
Per potere davvero trasformare il nostro mondo e farne un posto migliore, le due energie devono lavorare insieme, collaborare, muoversi all’unisono verso la meta comune.
Ogni dettaglio del creato contiene in sé energia maschile e femminile, un puzzle si costruisce solo incastrando pezzi opposti tra loro.
Quello che avete visto in Unorthodox non è quello che c’è nella Torah, né nella società ebraica ortodossa.
La mini serie di Netflix mostra uno spaccato di uno spaccato di uno spaccato, del mondo osservante. Un angolo che esiste, ma è molto limitato.
E in più ve ne hanno dato una rappresentazione parziale, inficiata dal malessere che l’autrice del libro vi ha vissuto.
Vi hanno fatto vedere il mikveh ma non i sentimenti di trepidazione delle donne che vi si immergono, lo sposo e la sposa vi sembravano dei condannati e non persone che si sono scelte per condividere una vita insieme. La donna relegata al ruolo di procreatrice e privata di ogni dignità.
Se alcuni dei fenomeni che avete visto, esistono davvero in angoli sporadici del mondo ortodosso, il 99% non è così.
E’ un mondo che ha scelto e sceglie ogni giorno di nuovo, pur tra difficoltà e sfide, di seguire le regole che D-o ha dato.
Ma non per questo noi ortodossi ci priviamo di qualcosa. Studiamo quello che vogliamo, diventiamo dottori e dottoresse, rettrici e professoresse universitarie (questa è stata la mia scelta ad esempio), pianiste.
Ci sposiamo con chi scegliamo, con la persona di cui ci innamoriamo.
Le regole ci danno il passo giusto per non perdere noi stessi nel mondo, per capire che direzione prendere, per non permettere alla società in cui viviamo di fare quello che vuole di noi, ma per fare noi di noi stessi quello che pensiamo sia meglio.
La donna gode di pieni diritti uguali all’uomo e doveri che qualche volta si differenziano.
La donna vale in quanto tale e non perché fa sparire la propria energia peculiare a favore dell’energia maschile.
Nella società ebraica la donna è estremamente tutelata, come ogni altro essere umano.
Tu vali in quanto te stesso e non perché ti appiattisci sul modello di un altro.
Difendete il vostro diritto di conoscere la verità. Non sono sufficienti quattro puntate da 50 minuti per capire un mondo.
La ex vita di Esty Shapiro ha in comune con il 99% delle donne ortodosse solo lo shabat, il mikveh, la parrucca e il cibo kasher.
Se queste cose vi interessano davvero, andate a scoprirle da chi le vive ogni giorno. E non da quei giornalisti che mi giudicano senza mai essersi nemmeno seduti a una tavolo di shabat.
Come disse Einstein, è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.
Per me libertà è essere giudicata per quello che sono e non per la gabbia in cui le persone mi immaginano chiusa.
Gheula Canarutto Nemni